Difensivista a chi? Ancelotti: la lezione a Guardiola e quella critica ottusa tutta italiana

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Tagliamo subito la testa al toro: Carlo Ancelotti non è un allenatore difensivista. La vittoria del Real Madrid nella super doppia sfida dei quarti di finale di Champions League contro il Manchester City si è portata dietro uno strascico di forti polemiche e critiche che hanno bersagliato l’allenatore italiano. Critiche ottuse e ingiustificate che, purtroppo, sono arrivate soprattutto dall’Italia.

Mentre in Spagna “Re Carlo” è stato esaltato per l’impresa eroica contro i Campioni d’Europa in carica, dall’Italia, paese di sommelier calcistici di primo livello, Ancelotti è stato tacciato di difensivismo. Adesso, è pure comprensibile che a furia di vedere Allegri e la Juventus ogni domenica qualcuno sia entrato in confusione, ma paragonare ‘cortomusiane’ interpretazioni di partite alla prova di ieri del Real Madrid è un’eresia.

Difensivista a chi? Carletto è camaleontico

Carlo Ancelotti non è un allenatore difensivista, è camaleontico. Il suo Real Madrid è una squadra davvero particolare, disegnata secondo i canoni del pragmatismo. Sa dominare la partita e sa incassare, sa attaccare in maniera letale e sa anche difendersi a oltranza. È una squadra che si adatta alla partita singola, alla necessità del momento, all’avversario: una squadra efficace e che raramente manca l’obiettivo.

Basta guardarne gli undici titolari: un reparto arretrato che bada poco al sodo, difende duro e offende solo quando necessario; a centrocampo Camavinga e Valverde fanno le due fasi e corrono anche per Kroos che, a sua volta, è il motore della squadra pur giocando a velocità x0.5; davanti Vinicius e Rodrygo, pur schierati in grafica in un attacco a due, in realtà si allargano svariando sul fronte offensivo e al centro resta il vuoto (tanto caro al Guardiola del passato) in cui può imperversare Bellingham, centrocampista tuttofare che fa anche le veci della prima punta che… non c’è.

Se le altre big d’Europa partono da concetti di calcio più o meno comuni (uscita dal basso con qualità, Gegenpressing, possesso palla ecc.) il Real Madrid fa da sè. E funziona. I “Galacticos” sono primi in Liga e attuali favoriti per la vittoria della Champions League. Il Real Madrid del ‘difensivista’ Ancelotti ha siglato 67 gol in 31 partite di Liga (più di 2 a partita) e ne ha segnati 22 in 10 partite di Champions League (media simile).

Ancelotti e la lezione a Guardiola

Qui potevamo passare solo giocando così“, con la sincerità e l’umiltà che lo contraddistinguono, Ancelotti nel post partita ha detto una verità tanto banale quanto estremamente corretta. Chi è quel pazzo che pensa di affrontare il Manchester City di Guardiola, all’Etihad Stadium, senza curare la fase difensiva? E Ancelotti questo lo sa bene: nel 2022 aveva incassato 4 gol segnandone 3, nel 2023 altri 4 segnandone 0.

Per passare il turno dopo il pirotecnico 3-3 dell’andata (alla faccia del difensivismo), serviva giocare una partita diversa. Una volta trovato il vantaggio con Rodrygo, il Real Madrid ha quindi difeso (soprattutto a partire dal secondo tempo) il punteggio che gli avrebbe permesso di qualificarsi. Più che comprensibile: ci ha provato a farlo il Barcellona contro il PSG, lo ha fatto il Bayern Monaco nel finale contro l’Arsenal, due squadre tutt’altro che difensiviste. Di contro, il Manchester City ha guadagnato campo e ha attaccato alla disperata ricerca del gol pur senza creare grossi pericoli (a parte una traversa di Haaland) fino alla fortunosa rete dell’1-1.

Il calcio di Guardiola è universalmente riconosciuto come offensivo e spettacolare, ma al termine della sfida i gol fatti sono stati 4, gli stessi di quelli del pragmatico Ancelotti: in bocca al lupo a chi pensa di poter fare una partita difensiva e segnare 4 gol al Manchester City in Champions League. Ancelotti si è adattato a Guardiola, Guardiola non si è adattato ad Ancelotti.

Foto di Adam Vaughan / Ansa

Per Ancelotti è la 5ª semifinale in 5 anni alla guida del Real Madrid: per 2 volte ha vinto la Champions League, ha perso solo contro la Juventus nel 2015 e proprio contro il Manchester City un anno fa. Per fare un confronto: Guardiola allena il Manchester City da 8 anni, è uscito 5 volte ai quarti di finale, ha perso una semifinale e una finale, ha vinto il trofeo solo l’anno scorso contro l’Inter.

Dalla prima, storica, semifinale con la Juventus nel 1999 a quella odierna del 2024, sono passati 25 anni in cui Carlo Ancelotti è rimasto al top in Europa evolvendo il proprio calcio, cambiando panchine e campionati, dal Milan alla Premier League, dal PSG alla Bundesliga.

Ieri ‘Carletto’ ha eguagliato il record di Vicente Del Bosque come secondo allenatore del Real Madrid con il maggior numero di partite in Champions League (60), davanti a lui solo Miguel Munoz (71) che verrà superato l’anno prossimo. A proposito di 2025, l’allenatore di Reggiolo, nella prossima stagione, diventerà anche l’allenatore con più panchine nella storia della Champions League: attualmente è a quota 205, sir Alex Ferguson è davanti a quota 214.

Pensate a tutto questo, alle 4 Champions League in bacheca (record), a 5 Campionati vinti in 5 nazioni diverse, a una miriade di coppe nazionali e internazionali. E poi pensate a chi, ieri sera, dopo i rigori di Manchester City-Real Madrid, ha chiuso la tv e ha esclamato: “ah, quel difensivista di Ancelotti…“.

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