CATTIVO CITTADINO di Gianni Barone / MAMMA SONO CONTENTO DI ESSERE ARRIVATO "UNO"

(Gianni Barone) – Vedendo i festeggianti e i festeggiamenti del Parma, nel dopo gara, in Piazza Garibaldi, in cui quasi tutti i protagonisti, rispondevano «sono contento di avere vinto», con due pareggi uno a Bari e l'altro in casa con la Cremonese, in un incontro alquanto controverso, per come gestito da arbitro e Mudo nel primo tempo, non possono non essere venute in mente ad alcuni, i più stantii, le scenette anni 50/60 con i vari Tognazzi, Bramieri (famoso il suo Tony Buleghin), Walter Chiari che, impersonando il ciclista di turno vincitore di tappa di chiare origini venete o giuliane, se ne uscivano col il celeberrimo motto, frutto di scarsa istruzione, all'epoca una regola diffusa, che così recitava «mamma sono contento di essere arrivato uno».

E il Parma di Pecchia arrivato, appunto, «uno», dopo aver conseguito l'aritmetica promozione, nella serata del primo maggio, ha fatto contenti tanti figli di mamme sparse in quasi tutto il globo con le bandiere di Romania, Polonia, Argentina, Francia, Spagna, Croazia, Costa d'Avorio, Grecia, Svizzera, Ungheria, Venezuela, Brasile, Australia, sventolanti (alcune anche fisicamente sulle spalle di qualcuno) in un unico solo vessillo quello Crociato/gialloblù che idealmente le racchiude tutte.

E nel bagno di folla tra il Tardini e Piazza Garibaldi, l'inclusione ha trionfato, lasciando dietro di sé quella scia di civiltà, garbo, stile e compostezza che la città intera, riunita attorno ad una squadra promossa e vincente nel giro dei primi cinque giorni di maggio, ha saputo offrire.

Una domenica che era iniziata, sul rettangolo verde, non nel migliore dei modi, viste le controversie della prima mezz'ora di gioco, al cospetto di una Cremonese desiderosa di non sfigurare, in cui tra spigolosità, spigolature, amnesie arbitrali variegate, fischi, esultanze fuori ordinanza, era successo di tutto e di più, tra la sorpresa e il quasi sgomento generale.

Tra rigori dati e non dati, concessi e poi abrogati, gialli elargiti con prodigalità estrema, rossi prima negati e poi comminati con zelo eccessivo, non si capiva un bel niente, con un direttore di gara confuso al limite della crisi totale nei meandri di un cinque maggio che avrebbe fatto impallidire persino il poeta che recitando «ei fu siccome immobile dato il moral sospiro… », non avrebbe avuto requie o opposizioni di sorta.

Una summa di situazioni impreviste, come il gol dell'ex che aveva diviso critica e tifoseria, a suo tempo, e che ha, con la sua esultanza, ritenuta inconsulta dalla Curva, scatenato un putiferio al quale il tecnico Stroppa, ha posto un freno, sostituendo Vazquez nell'intervallo, insieme agli altri ammoniti tranne uno (poi espulso in seguito) e mettendo fine a ciò che poteva degenerare in peggio. Per non parlare dell'espulsione (lampo) di Balogh per tocco veniale e impercettibile, che costringe Pecchia, a rinunciare a un trequarti per dirottare in difesa Hernani, sul modello di molti centrocampisti del passato che avevano subito, alcuni con buoni risultati, tale di tipo di adattamento.

E il brasiliano, poi elogiato dal tecnico Pecchia in conferenza stampa, ha dimostrato ancora una volta, con tutta la duttilità possibile che si sta ritrovando di possedere, di cavarsela più che egregiamente anche in terza linea al fianco di Circati.


Poi, dopo il gol annullato in apertura per palese fallo di mano, Mihaila, su strappo di Man, è riuscito a fare centro, con abile tocco sotto misura, nella ripresa, che ha permesso alla sua squadra di prendere fiato per credere di raggiungere, complice il pareggio casalingo del Como, quell'agognato primo posto in cadetteria, storicamente mai raggiunto prima dai colori Crociati/gialloblù.

La festa é stata garantita dall'incredibile errore a porta vuota di Dennis Johnsen (altro segno del destino o miracolo della sorte o della fisica che ha alzato la traiettoria del tiro) che ha evitato di far rimandare la festa che tutti già stavano pregustando. Ma «dato il mortal sospiro stette la spoglia immemore…» stando alla lirica, di cui sopra, il cinque maggio, senza scomodare il Manzoni, o il nefasto passato della compagine da poco Campione d'Italia per la ventesima volta, era scritto che dovesse diventare, per il popolo Crociato e la cittadinanza tutta riunita in centro, nella Piazza dell'eroe dei due mondi, come da tradizione, il giorno buono da ricordare negli anni da diverse generazioni di tifosi, negli anni a venire.

I Pecchia boys, festanti mescolati alla folla, rappresentano il momento magico che uno sport come il calcio può creare o riesce a far vivere o a rivivere a chi crede in esso e nella sua capacità di emozionare con semplicità, leggerezza, entusiasmo, che poi sono gli ingredienti grazie ai quali l'allenatore che dice di appartenere alla schiera dei tecnici "che non fanno danni", secondo il decalogo "ancelottiano" e non degli scienziati o dei fenomeni, è riuscito ad ottenere e meritare quei risultati, ora, sotto gli occhi di tutti anche di chi credeva, con tutto lo scetticismo di questo mondo, che ciò non fosse possibile o alla sua portata.

Invece la superiorità manifesta e la forza esibita, hanno permesso di superare tutti gli ostacoli, riuscendo a domare avversari e gestire situazioni con piglio, grinta e determinazione. Una promozione annunciata, qualcuno rilancia, mai in discussione, ottenuta imparando anche a soffrire e reagire alle avversità, leggi qualche arbitraggio, tipo l'ultimo, non propriamente felice o brillante.

Una vittoria che non ha un nome di un singolo che si sia distinto più degli altri e che, se si escludono gli evidenti ed universalmente riconosciti meriti del tecnico, va ascritto esclusivamente allo spirito di gruppo vincente, al collettivo che si è avvalso dell'apporto di tutti, nessuno escluso. E se si fa caso a quello che, in diretta televisiva, per la seconda maratona Tv, nel breve volgere di pochi giorni, realizzata dall'emittente televisiva locale, i giocatori hanno detto, emerge, chiara, in quasi tutti, la voglia, l'esigenza, di rimanere fedele alla maglia anche il prossimo anno in serie A, o per lo meno questo risulta evidente adesso, in questo clima di festa, che molti vorrebbero non finisse mai.

Però la realtà non è immutabile, purtroppo per chi oggi vorrebbe che "la nottata" non passasse mai più, o finisse all'alba del nuovo giorno, al contrario di quando le cose girano dalla parte storta o sbagliata, per alcuni, ma non per tutti. La gioia di essere arrivati "uno" e di comunicarlo ai propri genitori o parenti, per il momento rimane intatta. Come la voglia di godersi questi attimi di serenità e felicità improvvise e condivise. Gianni Barone

×