QUEL PASTICCIACCIO DELLA RISSA CHE MINA IL CAMPO LARGO

(Gmajo) – Partiamo con la doverosa premessa che alcune narrazioni del presente articolo sono frutto di indiscrezioni non completamente verificate, ma che lo stesso riportiamo, con il beneficio del dubbio espresso col condizionale, poiché utili allo svolgimento del tema.

Narra la leggenda che ad Alcatraz ci siano stati inenarrabili cazziatoni, a seguito della incresciosa scazzottata sugli spalti del Centro Sportivo Kennedydi Napoli in occasione della sfida Under 16: quello che avrebbe infastidito il dominus, al punto di pensare a provvedimenti sommari estremi poi rientrati, sarebbero state le supposte offese razziali ad indirizzo degli avversari, lamentate da dirigenti partenopei, ma con forza smentite – anche attraverso una dura nota stampa – dal club ducale, una volta ricostruiti minuziosamente i fatti.

Sancito che non ci siano state offese razziali (colleghi da Napoli, presenti domenica al Kennedy, ieri mi hanno confermato che anche secondo loro non ce ne sono state: ora sarebbero state derubricate a semplici gestacci), e per un club che fa dell’inclusione e della lotta contro ogni tipo di discriminazione un proprio must era questo l’aspetto più importante, sarebbe tornata la calma, pur lasciando qualche scoria nel “campo largo”, poiché con in ballo le riconferme“alla firma”mettere a repentaglio tutto, sul più bello non è certo il massimo.

Al di là delle offese razziste mai pronunziate, quali altre responsabilità si potrebbero addossare ad un responsabile (un responsabile è sempre colpevole, come ripetevo quando ero ancora rinchiuso) se dei genitori in tribuna passano alle vie di fatto, facendo finire il nome della propria società sui media, con una connotazione negativa? Nelle mie riflessioni in proposito di ieri, parlavo dell’importanza della prevenzione. Un club pluri-strutturato come il Parma, che ha al proprio servizio svariate professionalità, dovrebbe in modo organico e sistematico promuovere una concreta e non fittizia trasmissione di valori.

Purtroppo anche incontri di questo tipo, in realtà, non so quanto possano aiutare, perché quando durante una partita sale la carogna, ci si dimentica di tutto: sia i protagonisti in campo, che tecnici e dirigenti o genitori/tifosi sugli spalti. Ma se, ad esempio, come scrivevo ieri, se si cercasse di formare i propri calciatori al rispetto dell’avversario, sempre e comunque, sarebbe già qualcosa. E’ importante il cosiddetto senso di appartenenza, ma questo non dovrebbe sfociare nell’irrisione o nel dileggio. Mostrare, ad esempio, dopo un gol lo scudetto sulla maglia è bello, ma non rivolgendosi volutamente agli avversari, magari accompagnando con espressioni del corpo o della voce che possano fomentare una reazione inconsulta.

Un altro aspetto su cui lavorare, è la eliminazione della ritorsione: pare che all’origine del fattaccio di domenica ci fossero delleruggini risalenti alla gara di andata, in cui i gialloblù vennero sconfitti al Noce per 0-1: al di là del bruciante punteggio, gli ospiti si sarebbero resi protagonisti di vandalismo negli spogliatoi. In sostanza, dunque, non si vedeva l’ora di fargliela pagare, anche se poi a farne le spese è stato un genitore di un calciatore ducale, la cui effettiva prognosi sarebbe di 28 giorni e non solo 7 come dalle prime informazioni, per via della rottura del naso a seguito di una possente gomitata (il cui autore, a propria volta, sarebbe dovuto ricorrere alle cure dei sanitari).

Il Parma Calcio, però, negli anni, ha sempre cercato di mantenere una certa etichetta, ed immaginiamo che anche nell’attuale gestione, con un presidente così attento a certi valori da sempre fondanti anche nelle proprie aziende, desideri altrettanto, di qui la necessità di prevenire al massimo episodi incresciosi che possono infangarne il buon nome.Durante la gestione Piazzi, di cui non ero certo io il massimo sostenitore, venne effettuato (stagione 2018-19) un ciclo di incontri dal titolo"Famiglie in Stile Gialloblù", con lo psicologo Gianni De Nittis, soprattutto per l’attività di base (da U 13 e U 9), anche se non sarebbe sbagliato, volendo riprendere l’iniziativa in futuro, un coinvolgimento di quelli dell’agonistica (da U 15 in su), dove, forse, l’emergenza è più grave, proprio perché anche la componente risultato inizia a farsi sentire.

Già: il risultato. Non è la prima volta che, in questa stagione, si manifestano episodi di nervosismo nell’Under 16: personalmente avevo assistito ad un certo evidente malcontento dopo Parma-Modena 3-3 (2^ Giornata di Ritorno), con rimonta dei Canarini passati dal 3-1 al 3-3 con la doppietta di Samuel Wiafe al 30′ st (ossia a dieci minuti dalla fine) e al 44′ st (ossia al 4′ di recupero) su calcio di rigore, con conseguente perdita del primato in classifica e animi particolarmente surriscaldati. Ma anche in altre gare ci fu una certa mancanza di serenità in campo (che poi è un attimo che si trasferisca sugli spalti)…

La scorsa stagione, invece, ricordo che ci fu grande gazzarra dopo la partita primavera col Monza, poiché la madre di un calciatore straniero del Parma aveva reagito con decisione a seguito degli insulti razziali ricevuti dal figlio: e non fu facile ristabilire la pace nell’antistadio del Mutti Training Center.Ma negli anni, complice anche la ravvicinata distanza delle panchine, abbiamo ascoltato reciproci attacchi, poco edificanti, tra i (reciproci9 componenti delle stesse. Del resto, però, basta frequentare una qualsiasi tribuna per vedere come anche un lord si possa trasformare nel più becero bifolco, e lo stesso dicasi anche per certe che signore che, sugli spalti, smarriscono il proprio charme…

In conclusione: non si pretende certo di cambiare il mondo, ma che i sedicenti protocolli formativi ed educativi che il nostro Club adotta siano davvero applicati, per prevenire il ripetersi di incresciosi episodi come quello del Kennedy. Gabriele Majo

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